«Ah! Raffaello!»
Nel luglio 1519, si legge nei Diari di Marin Sanuto, a Roma è rinvenuto un obelisco, forse legato al sepolcro di «Augusto Cesare»: ed ecco che «Raphaello d’Urbino pittore et architetto gentile et ingenioso, si ha oferto portarlo sopra la piaza di San Pietro per ducati 90 mila; non so quello seguirà».
Ne abbiamo discusso a Casa Manzoni con una collaboratrice, entusiastica narratrice e illustratrice della Mostra alle Scuderie di Quirinale. Ne è venuta, spontanea, la domanda: Alessandro Manzoni, michelangiolesco nella sua evocazione lirica dei profeti biblici, apprezzava l’opera di Raffaello?
Ne è venuta una piccola risposta, che si presenta, cautamente, ai venticinque lettori.
Manzoni non ha lasciato testimonianze significative sui grandi artisti, e nella sua biblioteca sono venuti a mancare due volumi importanti, quello di Giuseppe Bossi sul Cenacolo di Leonardo, quello dedicato a Raffaello da James Robert Hope. Il dotto inglese nel novembre 1840 era stato ospite almeno due volte in via Morone, con l’amico «Federico Rogers, poi divenuto lord Blachford», e aveva dialogato con l’autore della Morale Cattolica e dei Promessi sposi (una copia della Quarantana conserva una bella dedica a Hope: che nel 1857 si sarebbe attivato per una ristampa illustrata londinese) dell’autorità papale e anche di «un altro amico, cattolico romano», che don Giuseppe De Luca (Intorno al Manzoni, 1974, p. 84) indica nel non ancora, ma prossimo convertito al cattolicesimo John Henry Newman.
In una lettera a Hope dell’8 maggio 1845, Manzoni lo ringraziava del dono di un preziosissimo volume illustrato: si trattava, al di là dell’incertezza del bravissimo Arieti, di Scripture prints from the frescoes of Raphael in the Vatican, testo dello stesso Hope (che non si è ancora appropriato del secondo cognome di Scott) e di Lewis (Ludwig) Gruner: era quest’ultimo a consegnarlo di persona a Manzoni, nella edizione riveduta del 1845.
È bello leggere nella lettera di Manzoni:
Si le nom du peintre n’y était pas, je suis sûr qu’en les voyant, je me serais écrié: Ah! Raphael.
Se il nome del pittore non ci fosse stato, io sono sicuro che vedendole (le riproduzioni) mi sarei gridato: Ah! Raffaello.
Non “avrei gridato” ma “mi sarei gridato”.
Il Manzoni neoclassico non poteva non tenere davanti ai suoi occhi il laico Parnaso delle logge e delle stanze vaticane, dove vedeva figurate le Muse da lui ricordate, Calliope, Clio, Euterpe, Erato, Talia, e la più seducente Urania. Il Manzoni autore dei Promessi sposi avrà certo immaginato che a dare un volto alla bellezza (virgiliana e leopardiana: Zibaldone 1256) della madre di Cecilia, bellezza «velata e offuscata, ma non guasta» fosse il pittore di una donna velata, di tante madonne, magari di una Madonna senza la seggiola o della Madonna con un diverso velo, e di un fiore reciso.