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Inaugurazione mostra «La parabola della sconfitta», 23 ott. ore 17,30

ingresso libero

 

La mostra su Caporetto «La parabola della sconfitta» avrà luogo nella Casa di Alessandro Manzoni 

dal 23 ottobre al 19 novembre 2017, secondo i consueti orari e modalità di visita.

 

A un secolo dalla «disgrazia» di Caporetto (24 ottobre 1917) – per citare il quasi eufemismo di Antonio Baldini – vengono proposte alcune riflessioni su un triplice percorso espositivo: una sintesi sulla letteratura che attraversa, esalta e condanna la grande guerra; uno sguardo ai volti dei soldati delle varie nazioni, senza armi; una rassegna degli ex voto bellici.

 

La Casa di Alessandro Manzoni incornicia queste proposte con una domanda, sua, dei lettori, di tutti.

Il coro del Conte di Carmagnola, nel fervore del sogno di unità nazionale e sociale, condannava le guerre di aggressione e di conquista, la prevaricazione di un popolo su un altro popolo (113-16, 121-25), invocando  la fratellanza della  Redenzione: «Beata fu mai / gente alcuna per sangue ed oltraggio? /Solo al vinto non toccano i guai; / torna in pianto dell'empio il gioir. […] Tutti fatti a sembianza d'un Solo, / figli tutti d'un solo Riscatto, / in qual ora, in qual parte del suolo, / trascorriamo quest'aura vital / siam fratelli; siam stretti ad un patto».

Ma in Marzo 1821 la liberazione d’Italia era affidata alla spada: «il suo fato sul brando vi sta» (v. 92). E della estrema maturità di Manzoni è il saggio Dell’indipendenza dell’Italia, dove legittima e celebra l’azione di Casa Savoia, di Cavour, di Garibaldi. Il saggio incompiuto derivava da un abbozzo comparativo su due rivoluzioni, quella francese e quella italiana: definire «rivoluzione» la guerra per l’indipendenza era forse troppo, ma la parola era sembrata a lui appropriata, anzi la sola quando si provò a comprendere e a far comprendere le Cinque Giornate di Milano. Le rivoluzioni esigono la partecipazione del popolo, spesso purtroppo con i suoi furori.

 

1. Delio Tessa, la sua e altre allegrie.

Molti intellettuali hanno voluto l’intervento dell’Italia nella grande guerra europea, l’hanno sentita come quarta guerra per l’indipendenza, e anche chiamata santa.

In questa prospettiva si colloca la centralità del poemetto di Delio Tessa Caporetto 1917: «L’è el di dì di mort, alegher» (la Mostra si apre con il manoscritto di dedica a Elisabeth Keller), l’allegria della gente comune a fronte di quella di un interprete della élite interventista, di Ungaretti, e di altri intellettuali richiamati a contorno con le loro opere significative. Tra silenzi, esaltazioni, critiche sommesse, Tessa ha avuto - con il lasciapassare del dialetto - l’umile coraggio di ascoltare, più che di far sentire, nella Milano borghese e fedele al regime mussoliniano parole ‘illegali’, come rivoluzione, bandiera rossa, e lo spettro della fine del Prina.

2. I preghi esauditi.

Il percorso variato e parallelo degli ex-voto esemplifica, per citazioni riunite da una passione che ha saputo rimediare al caso e alla dispersione, evoca episodi di guerre più antiche e più recenti, da Napoleone alla Resistenza, e vorrebbe dare vita ai soldati che su altri fronti e con altre divise, in cielo in terra in mare,  hanno invano invocato salvezza a uno stesso Dio.

3. I volti di chi ha deposto le armi.

Anche per questo assume un significato ecumenico la galleria dei volti dei combattenti delle diverse nazioni che Sergio Bollani ha saputo con mano sicura e sensibilità fisionomica e spirituale derivare e vivificare da fotografie d’epoca.

 

Per riflettere come la parola della sconfitta, non solo di Caporetto, possa diventare parabola della sconfitta.