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08 settembre 2021 / Eventi

Presentazione della rivista Quaderni Montaliani

Per la presentazione dei «Quaderni Montaliani»
10 settembre 2021

Via Bigli non distava molto da via Morone: certo Eugenio Montale da lì è passato, magari sentendosi ‘fuori di casa’.
Giancarlo Vigorelli, nel suo non dimenticabile Manzoni pro e contro (del 1976) riproponeva le osservazioni manzoniane strappate per il 22 maggio 1973 (anno centenario, per civiltà letteraria e fortunatamente non rindondante) al silenzio, un silenzio perennemente coltivato si direbbe, del Montale ‘milanese’ [ora meglio leggibile in Interviste a Eugenio Montale (1931-1981), a cura di Francesca Castellano, Firenze, Società Editrice FIorentina, 2019, II, pp. 580-83: L'ardua sentenza su Manzoni].
Presentando il colloquio, Vigorelli faceva sua la conclusione di Barbiellini Amidei:
Ecco, tassello per tassello, questi giudizi al caminetto. Vero o meno vero, è il Manzoni di Montale. Se non varrà tutto per gli studiosi di Manzoni, varrà per gli studiosi di Montale.
E postillava piuttosto acremente: 
Ma non certo, sia lecito aggiungere, a vantaggio di Montale.
Se Montale sentiva e voleva sentire Alessandro Manzoni troppo estraneo, e se ne teneva rispettosamente lontano, Alessandro Manzoni, quello vero e segreto, si sentirebbe un lettore privilegiato soprattutto della Bufera: a una distanza che diventa prospettiva rivelatrice di conoscenza, necessaria, come accade per Leopardi.
Montale avrebbe detto (ma qui il condizionale non è politicamente d’obbligo, anzi lo si deve abbandonare):
Mi pare che con la moglie fosse alquanto impietoso. Un vero amore lo ebbe certamente per la madre, la Beccaria.
Trascorre questa affermazione di Montale forse una sottotensione autobiografica: Manzoni comunque vi ripercorre la sua inquieta e lunga giovinezza.
Altri lampi, ‘occasionali’:
Nel mio ricordo I Promessi sposi si presentano come una sacra rappresentazione suddivisa in stazioni anziché in capitoli.
Lucia è più che un personaggio: è una vera ancella di Dio.
(Chi sono Clizia, Dora Markus, la Volpe, la Mosca?...)
Non mancano momenti, specie nella seconda parte, in cui si sente che Manzoni diventa manzoniano.
Manzoniano: l’aggettivo come va interpretato? Allude a una maniera o sigla l’altezza della narrazione di protagonisti, che sono la fame, la guerra, la peste?
Se ha ancora un senso stabilire una graduatoria tra gli artisti direi che il passaggio effettuato dal Manzoni dal sermone aulico al sermone umile è il suo grande merito. In ciò egli fa pensare al grande modello dantesco. È ovvio che non alludo al cosiddetto risciacquamento in Arno. L’impresa manzoniana ha ben altra portata.
Grazie, professor Eugenio Montale, da parte di Giovanni Nencioni, e anche da parte dei docenti vaccinati dalla vulgata scolastica: la parola manzoniana ha la portata di ben altre correnti.
Questo vorrebbe essere l’accoglienza ai «Quaderni» distinti dal nome dello scrittore, dagli «Studi Danteschi» agli «Annali Manzoniani» e, date le vicinanze, ai «Quaderni dell’Ingegnere».
Che i finissimi curatori e il selettivo editore abbiano scelto di presentarlo qui, nella casa di Alessandro Manzoni, che «apparteneva a un gruppo di gente seria, i lombardi» (palese l’iscrizione del ligure Montale a una nuova capitale, dove moriva ormai quarant’anni fa, il 12 settembre 1981), significa ribadire una politica culturale che partecipa, divulga, ma non vulgarizza, a un più vasto pubblico il prezioso e più che mai necessario ristoro interiore della poesia.

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