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Uno dei giorni di Alessandro

 

Alessandro Manzoni, anche se si è sempre accompagnato a Virgilio, e ancora a lui si tiene stretto in piazza San Fedele, pur avendo percorso un suo Purgatorio e aspirato, in vita, al Paradiso, si mantiene, discretamente, a distanza da Dante. Non osa chiedere l’istituzione di un suo «giorno»: non accetterebbe per sé un ricalco dalla neoformazione anglofila ma allitterante e a ‘squilla’ del DanteDì: certo, scrivndo «di più sereno dì» si era ricordato, come poi Leopardi, che «intenerisce il core / lo dì c’han detto ai dolci amici addio». Manzoni chiede ai lettori di rivivere nella riflessione, che è parola e silenzio, e perdona i centenaristi professionali.

La data «24 aprile 1821» è posta «in capite libri», cioè sopra un primo capitolo, dal titolo «Il curato di… »: si capiva che dovevavo seguire altri capitoli, a comporre un’opera, cui pochi giorni dopo Ermes Visconti rivelava a Victor Cousin, con il nome dell’autore, il possibile titolo:  «romanzo di Fermo e Lucia». Protagonista ne sarebbe stata, lo si è sottolienato più volte, la peste: insieme alle crudeli furie bibliche, la fame e la guerra.

Uno scritto che Manzoni sapeva essere prova, e di doverlo rivedere, per la lingua e per i contenuti: così nell’ardore di quel momento poteva affidare alla pagina parole di polemica verso la società e anche verso la Chiesa, parole che gli premeva esprimere perché, una volta leggibili da lui, potevano, in coscienza, essere abbandonate, non dimenticate. Basti riprendere un ben noto esempio (I, i 2):

"Il clero era geloso sostenitore delle sue immunità, e come ad esso stava in gran parte il decidere fin dove giungessero, non si deve domandare se le estendesse fin dove potevano, e fin dove non potevano giungere. Che gli ecclesiastici vuoti di spirito sacerdotale, ambiziosi, violenti, avari riponessero tutta la religione in questa immunità non è da stupirsene, poichè è chiaro che è cosa molto comoda l'avere una scomunica da opporre ad una ragione, e cessare ogni pericolo con un privilegio d'inviolabilità indefinita".

Un’opera da rileggere, Fermo e Lucia, con molta attenzione, visto che è stata finalmente realizzata (nel 2006) l’edizione critica promossa da Dante Isella, a cura di Barbara Colli, Paola Italia, Giulia Raboni. Visto che è disponibile nella collana dei Meridiani il testo con il commento, il primo, di Silvano Nigro, e che è prossimo nella Edizione Nazionale il volume a cura di Silvia Contarini. Un’opera che si potrà quest’anno ascoltare, visto che Claudio Longhi sta realizzando, su iniziativa dell’Università di Bologna, e con premesse critiche opportune, una lettura integrale del Fermo e Lucia con le voci di attori e attrici del Piccolo Teatro della Città di Milano. (as)