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Ricordo di Angelo Stella

 

Non è questo il luogo, non è questo il momento per tracciare un ritratto compiuto di Angelo Stella. Né bastano a disegnare un profilo gli infiniti allori che raccolse nella sua carriera di studioso delle lingue, letterature e culture italiane: allori che qui ci si guarda bene dall’elencare, in omaggio alla sua allergia a ogni tipo di retorica. Per comprendere Stella, uomo e maestro, per avere una misura dell’immedicabile perdita causata dalla sua scomparsa, occorre innanzitutto volgere lo sguardo al suo Manzoni. All’autore sul quale si arrovellò per mezzo secolo almeno, dalle pagine sul Sentir messa scritte con Luigi Poma nel 1973 al contributo sul Romanzo di una vita comparso lo scorso maggio nel mensile «Luoghi dell’infinito». E veramente I promessi sposi sono stati per Stella il romanzo di un’esistenza intera, sul quale chinarsi instancabilmente. Ma la sua riflessione oltrepassava di slancio gli inchiostri, poiché occorre interrogare anche i silenzi. È un insegnamento al quale era solito allenare nelle conversazioni misurate, sornione, scintillanti che hanno incantato quanti gli hanno fatto visita al numero 1 di via Morone, nel ventennio o quasi (dal 2005 al 2023) in cui ha presieduto il Centro Nazionale Studi Manzoniani, combinando umiltà e ironia, discrezione e fermezza. Doti certo gradite al Nume sul quale vegliava, al pari del nome prescelto in qualità di Accademico della Crusca: Abscondito, col motto (cavato da Ognissanti) «nell’erba del campo / la spiga vitale nascose». A noi il compito di riconoscerla, accudirla, trasmetterla intatta e rigogliosa a chi si troverà – per citare un altro suo titolo memorabile – a Passare al Centro.

Grazie, Angelo.